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Carabinieri, operazione "Teneo".... la mafia nell'edilizia

Maxi operazione dei carabinieri questa mattina con l'esecuzione di dieci arresti nel mandamento mafioso di Palermo, ritenuti responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate, furto aggravato, violazione delle prescrizioni

printDi :: 23 giugno 2020 12:26
Carabinieri, operazione Teneo.... la mafia nell'edilizia

Carabinieri, operazione "Teneo".... la mafia nell'edilizia

(AGR) Questa mattina, i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, nei confronti di 10 indagati (9 in carcere e 1 ai domiciliari), ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate, furto aggravato, violazione delle prescrizioni imposte dalle misure preventive. L’indagine, seguita da un pool di magistrati coordinati dal Procuratore Aggiunto dottore Salvatore De Luca, costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra investigativa condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo sul mandamento mafioso di Palermo Tommaso Natale che ha consentito di comprovare la perdurante operatività di quell’articolazione di cosa nostra.

 Nel corso degli ultimi anni, il complesso percorso investigativo ha permesso l’esecuzione di numerose operazioni, tra cui “OSCAR” (2011), “APOCALISSE” (2014) e “TALEA” (2017).

 
L’operazione “TENEO”, prosecuzione dell’indagine “TALEA”, aveva un deciso impulso con il monitoraggio di T. V., imprenditore del settore movimento terra particolarmente vicino a L.F. P., documentando una serie di dinamiche associative che ruotavano intorno alla figura di quest’ultimo. La reggenza mafiosa era però caratterizzata da una scarsa efficacia ed era vissuta negativamente da molti affiliati, i quali riponevano grandi aspettative per un rinnovato potenziamento di cosa nostra gli equilibri mafiosi si spostavano immediatamente in favore dello stesso C.G. e di S. N. Nel corso delle indagini venivano monitorati diversi incontri tra i capimafia avvenuti, in alcune occasioni, anche al largo delle coste palermitane, sui rispettivi gommoni. Le microspie registravano uno spaccato anche pittoresco della vicenda, nel momento in cui il primo lamentava uno scadimento sempre maggiore dei costumi del luogo per la presenza delle moto d’acqua che scorrazzavano nei pressi dei bagnanti di Sferracavallo.

Il capomafia raccontava di essere intervenuto personalmente nei confronti di alcuni utilizzatori delle moto d‘acqua, originari dei quartieri di Brancaccio e di Pagliarelli, i quali, riconoscendolo, avevano tenuto un comportamento remissivo, tanto da essersi di seguito spostati sulla zona di Mondello, dall’altro lato della riserva di Capo Gallo, perché a Sferracavallo “….c'era lo zio in porto”.

Le risultanze investigative, inoltre, mettevano in luce la particolare attenzione riposta dagli esponenti mafiosi nei confronti delle imprese operanti nel settore edile e venivano ricostruite 7 vicende estorsive consumate o tentate di cui 2 denunciate spontaneamente dalle vittime:

-      il tentativo, di imporre la fornitura di scarrabili e di sabbia a un imprenditore edile, per poi costringerlo al pagamento di un’estorsione di 1000,00 euro per i lavori di ristrutturazione di uno stabile a Sferracavallo;

-      una tentata estorsione nei confronti di altro imprenditore edile affinché affidasse a un soggetto a loro vicino la realizzazione degli impianti di condizionamento all’interno di un cantiere aperto in via Partanna Mondello di Palermo;

-      una estorsione ai danni di un imprenditore edile, la cui impresa era impegnata in lavori di ristrutturazione all’interno di un residence ubicato in via Tommaso Natale,

-      un’altra estorsione costringeva un imprenditore edile a rinunciare ai lavori di ristrutturazione di un immobile, ubicato nella zona della Marinella di Palermo, che poi venivano assegnati a una ditta a lui riconducibile;

-      il tentativo di bloccare l’avvio dei lavori di scavo nella zona di via Michelangelo di Palermo da parte di una ditta edile, il cui titolare avrebbe dovuto cercare dapprima un contatto con gli esponenti mafiosi del territorio per la cosiddetta “messa a posto”;

-      il furto aggravato quale forma di avvertimento e di intimidazione mafiosa, di un cassone scarrabile collocato dalla vittima in via Plauto, sulla pubblica strada;

-      un’altra estorsione ai danni di un imprenditore edile, la cui impresa aveva aperto un cantiere in via Porta di Mare di Palermo.

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