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In libreria..."Diabolic Diabolich Diabolik" tre storie vere ispirate dal “Re del Terrore”

Il libro (Daniela Piazza Editore) è stato scritto da Andrea Biscarò e Milo Julin. Sono tre storie vere ispirate dal Re del Terrore che si leggono tutto d'un fiato come fosse un romanzo, invece sono una ricostruzione di tre casi di cronaca ispirata al criminale

printDi :: 07 aprile 2021 14:42
In libreria...Diabolic Diabolich Diabolik tre storie vere ispirate dal “Re del Terrore”

(AGR) Sono Tre storie vere ispirate dal “Re del Terrore”, il libro scritto da Andrea Biscàro e Milo Julini (Daniela Piazza Editore) si legge tutto d'un fiato come un romanzo, ma non lo è. Si tratta infatti della ricostruzione storica di tre casi di cronaca nera avvenuti nella seconda metà del secolo scorso, narrati dagli autori con precisione scientifica e penna leggera, arricchiti da stralci di articoli di giornale che ne testimoniano la presa emotiva che ebbero sull'opinione pubblica. Nella fredda Torino del febbraio 1958, un efferato omicidio gela il sangue agli italiani, e ancor più ai torinesi. Il cadavere di Mario Giliberti, un giovane operaio FIAT, viene ritrovato nel suo appartamento di via Fontanesi 20, trafitto da 18 coltellate. Il corpo è sul letto, coperto dal cappotto e con il capo fasciato da un lenzuolo. L'assassino è rimasto a vegliare la sua agonia per accertarsi della morte. Sul pavimento vengono ritrovate alcune fotografie da cui è stato ritagliato il volto di una persona, che l'assassino si è portato via, e dei buoni fruttiferi postali strappati. La camera da letto è stata rovistata, le prove inquinate. E il milione di cui aveva parlato alla fidanzata? Probabilmente rubato, insieme a qualche oggetto di valore.

Appeso in cucina un biglietto di sfida alle forze dell'ordine, scritto in stampatello: “RIUSCIRETE A SCOPRIRE L'ASSASSINO”.

 
Arrivano poi le missive agli investigatori e al direttore de “La Stampa”. La prima termina così: “Leggendo con attenzione la lettera troverete con precisione dove è stato compiuto il mio delitto perfetto”. C'è una firma, “DIABOLICH”.

I media si scatenano mettendo in moto “la psicosi del delitto”. Gli ingredienti narrativi ci sono proprio tutti, compresi il sensitivo visionario (l'olandese Gerard Croiset), il prete grafologo (padre Girolamo Moretti) che delinea la personalità dell'assassino, la doppia vita della vittima, l'ex commilitone di naja a Merano, il classico bravo ragazzo di buona famiglia, accusato per errore del delitto e rilasciato dopo quattro mesi di carcere. Il delitto rimase impunito. E gli autori del libro si domandano: “E se Diabolich fosse ancora vivo? Se la ride e segue, con immenso e intimo piacere, l'interesse che scrittori, giornalisti e media ciclicamente rivolgono al suo capolavoro che, non dimentichiamolo, è un omicidio”.

La vicenda ispirò nel 1962 il film “Totò Diabolicus” con il principe De Curtis diretto da Steno, mentre le sorelle milanesi Angela e Luciana Giussani fanno nascere un classico del crimine a fumetti: il personaggio di Diabolik, un ladro che ruba denaro e gioielli con perizia e genialità. Il successo è immediato, e altri Diabolik in carne e ossa occuperanno le cronache piemontesi negli anni Settanta.

Un Diabolik torinese il 23 maggio 1973 rapisce e sevizia una giovane impiegata dell'Istituto San Paolo, Wilma Tedeschi, tenuta prigioniera in una cantina di via Saccarelli che i cronisti dell'epoca definiscono “sala delle torture”: anelli alle pareti per legare le vittime ai polsi e alle caviglie, fruste, corpi contundenti, corde chiodate, fiocine, catene. Sparsi dappertutto fumetti di Diabolik e Satanik... La ragazza viene poi portata dal suo aguzzino in una soffitta di piazza Vittorio dalla quale riuscirà a fuggire. Il 1° giugno il rapitore viene così arrestato. Si chiama Enzo Cocciolo, noto negli ambienti criminali torinesi come Terry il pazzo, che aveva già rapito una sedicenne tenendola prigioniera per un mese e mezzo e aggredito diverse altre giovani donne. Dimostra una personalità bipolare, alla dottor Jekyll e Mr. Hyde. Si identifica a tal punto con l'eroe dei fumetti da scrivere al suo avvocato: “Se danno la libertà a Valpreda, perché non la concedono a me, che ho l'intelligenza di Diabolik?”.

Il libro si chiude con la storia di Francesco Rapisarda, il Diabolik di Biella, rapinatore di banche autore di otto rapine. Arriva sempre su una Mini Minor, rubata e guidata da un complice, indossa una calzamaglia nera con cappuccio e un cinturone di cuoio nero, proprio come il personaggio immaginato dalle Giussani. È scaltro, veloce e riesce ogni volta a fuggire senza lasciare tracce. Sino al 27 maggio 1976, quando una donna si presenta ai carabinieri di Biella per denunciare il furto della sua Mini Minor. Il maresciallo Petretto, comandante della stazione, organizza la rete di sorveglianza per il giorno seguente: l'auto rubata viene intercettata, i due giovani a bordo fuggono attraverso i campi, uno dei due è immobilizzato dopo una folle corsa mentre il secondo perde la testa e spara contro i tre militari che gli sono più vicini, ma viene freddato da una raffica di mitra. Il tutto è durato meno di cinque minuti. Il bandito ucciso non ha documenti, sotto il giubbotto marrone veste la tuta nera, quella indossata nelle rapine da Diabolik.

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murales diabolik milano
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