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Federica Angeli, la cultura è bellezza e la bellezza apre mondi, il viaggio di "Spaccio Arte"

Domenica ha fatto tappa a piazza Gasparri il bus di "Spaccio Arte" promosso e ideato da Federica Angeli, la giornalista di Repubblica sotto scorta e nuova delegata alle periferie del Campidoglio. Vogliamo occupare le piazze di spaccio con l'arte e la cultura

printDi :: 15 aprile 2021 08:54
Federica Angeli, la cultura è bellezza e la bellezza apre mondi, il viaggio di Spaccio Arte

(AGR) di Ginevra Amadio

Nel momento in cui fare comunità appare più difficile, ecco comparire “Spaccio Arte”, il ‘viaggio’ di Roma Capitale nelle piazze periferiche. L’iniziativa, voluta dalla sindaca Virginia Raggi e dalla delegata alle Periferie, civismo e legalità Federica Angeli, si configura come atto d’amore e presenza per la città. Un segnale chiaro – di responsabilità e ‘sfida’. Lo scopo dichiarato è infatti quello di sottrarre spazio alla criminalità organizzata, occuparne le roccaforti con musica e teatro, restituire i luoghi ai cittadini. I sedici appuntamenti, organizzati con un Open Bus, si articoleranno nei fine settimana con manifestazioni a Tor Bella Monaca, Corviale, La Rustica, Primavalle, Romanina, Spinaceto. Toccate le tappe di San Basilio e Ostia, gustate dal maltempo ma già occasione di rielaborazione e scambio, “Spaccio Arte” proseguirà il suo ‘cammino’ in modo itinerante ed inclusivo. Federica Angeli, ispiratrice del progetto, è fiduciosa. La cultura sovverte i canoni, può costruire i ponti.

 
“Spaccio Arte”: un modo per valorizzare la città, per viverla, per riconsegnarla. Come nasce questo progetto?

"L’ispirazione per “Spaccio Arte” l’ho avuta, incredibilmente, da una reminiscenza. Anni fa ebbi una conversazione con la moglie di un boss che mi raccontò delle difficoltà intercorse, la notte prima, nell’attività di spaccio. Il motivo dell’impedimento era stata la serenata di un uomo alla futura moglie, con conseguente illuminazione e ‘attenzione’ verso la piazza. Lo spaccio, come è ovvio, ha bisogno del buio, dell’oscurità. Ecco, da lì ho avuto un lampo. Come si può ‘disturbare’ l’azione di queste persone? Come impedir loro il monopolio dello spazio, la pesante coltre di soggezione? Ancor prima di portare cultura, bellezza nei quartieri, “Spaccio Arte” nasce per questo, per occupare i luoghi ‘dominati’ abusivamente, per far sentire che c’è luce, speranza. Abbiamo scelto le otto piazze dove il volume d’affari dei clan è più alto (secondo la Direzione Investigativa Antimafia qui si registra un guadagno che va dai 200 a 250mila euro ogni fine settimana) con lo scopo di disturbarle, di imprimere la presenza istituzionale. È bene ricordare – e vi ringrazio per l’opportunità – che il contrasto alla malavita non passa esclusivamente per questa strada. Però è un inizio. Trovo sterili e pretestuosi gli attacchi social, la pioggia di “occorre altro, non è così che si elimina lo spaccio”. La lotta al traffico di droga, al dominio dei clan, non è di competenza del Comune, bensì degli organi di repressione. Quello che l’Istituzione può fare è andare a occupare fisicamente i luoghi, quelle piazze considerate spazio ‘inaccessibile’. Lo scopo è mostrare alla cittadinanza che siamo in contrapposizione, che da una parte ci sono ‘loro’, dall’altra ci siamo ‘noi’. E ‘noi’ è da intendersi come cittadini onesti, parte di una comunità che non si arrende, che non è sola. Se si va con un pullman su quelle strade, la gente capisce che si sta contrastando lo spaccio, che si sta muovendo qualcosa. Ma le persone che vivono in quelle zone, che ogni giorno ne saggiano la realtà, è ovvio – drammaticamente ovvio – che non scenderanno in strada. Ma il fatto che queste non possano scendere (anche perché, ricordiamolo, il programma è itinerante e pensato per non creare assembramenti), non equivale, necessariamente, a una non-partecipazione. Anche affacciarsi alla finestra ha il suo valore: significa allontanare lo sguardo, per un giorno, dal solito scenario, lasciarsi invadere dalla musica, dagli stornelli romani".

Una modalità pensata per questi tempi, dove fare cultura in piazza – in presenza – è difficile se non impossibile. La pandemia ci ha costretto a rimodulare gli scenari, i mezzi d’azione…

"Esattamente. Non c’è alternativa alla modalità itinerante. Il nostro pubblico è la gente affacciata ai balconi, che applaude o semplicemente ascolta. È ovvio che il progetto non può essere isolato, ma del resto viaggia già in parallelo con altre iniziative, come “Il lavoro nobilita il quartiere” che prevede la messa a disposizione di immobili del patrimonio capitolino. Gli imprenditori che faranno domanda mostrando interesse ad aprire un’attività commerciale in quella zona riceveranno gratuitamente i locali per 24 mesi, con l’invito ad assumere residenti del posto. Un’altra iniziativa a cui tengo molto, anch’essa pensata e svolta in ottemperanza ai criteri Covid, è la scuola di giornalismo per ragazzi. L’idea è scaturita dalla mio lavoro ‘sul campo’, dall’osservazione delle abitudini nelle periferie. Spesso mi capitava di vedere giovani (il progetto si rivolge ai ragazzi di età compresa fra i 12 e i 18 anni) seduti sui muretti, con gli occhi spenti, i sogni modesti. Avevo l’impressione che qualcuno tarpasse loro le ali, che li avessero abituati – tristemente – a pensare ‘in piccolo’. Ecco, mi interessava ri-accendere i loro sguardi, far capire che si può ‘osare’, che non esistono limitazioni. Mi è parso significativo, allora, partire dal ‘mio terreno’, instradarli al lavoro del giornalista che è un mestiere intellettuale, che si può coltivare. Ho cominciato a discutere con loro, a raccontare la professione, e mentre parlavo vedevo il loro interesse crescere, li sentivo fare domande. Alla fine, hanno aderito al progetto 172 persone, ragazzi presi non dalle scuole ma dai muretti, bravissimi e appassionati. Sabato 17 aprile, la metà dei ragazzi andrà a fare lezione allo Stadio Olimpico insieme a un collega de “Il Romanista”, altra realtà che si è spesa moltissimo in questo senso. Occorre tener presente che molti di questi giovani non sono mai usciti dai loro quartieri, hanno consumato la vita in un perimetro stretto, pertanto è un dato significativo, un’azione ancor più concreta. A maggio andranno poi al Foro Italico, agli Internazionali BNL d’Italia, sì da imparare sul campo quanto appreso, anche, sul versante teorico. Oltre al giornalismo sportivo li abbiamo introdotti alla Cronaca bianca, faranno con me una lezione di nera, insomma: un percorso completo".

Altri progetti rivolti ai giovani?

Nelle scuole di primo e secondo grado della periferia abbiamo attivato un protocollo insieme all’Associazione Nazionale Magistrati dal titolo “Dona un’ora: a lezione di antimafia”. Si tratta di quattro ore in cui magistrati, pm, un pubblico funzionario e io stessa spieghiamo ai ragazzi cos’è la mafia a Roma. I giovani stanno rispondendo benissimo, si interessano, appaiono entusiasti. Alcuni di loro provengono da famiglie malavitose, e stiamo insegnando loro che un cognome non è uno stigma, né un sentiero già tracciato. Si può scegliere da che parte stare.

Anche “Spaccio Arte”, sebbene rivolto a tutta la cittadinanza, è un segnale per i giovani. A giugno faremo teatro, e – sperando di trovarci in zona gialla – occuperemo contemporaneamente le otto piazze di spaccio. Da estemporaneo, dunque, il messaggio diventerà strutturale. Si andrà dal calcetto improvvisato alle presentazioni di libri, dai giochi per bambini alle letture in strada".

Per concludere, una domanda su Ostia. Quanto si è fatto e quanto ancora può farsi sul piano culturale?

"Siamo reduci da un anno e mezzo di congelamento obbligato, la pandemia ci ha costretto a rallentare, a reinventarci entro certi limiti. Io credo che Ostia sia una realtà in movimento, piena di associazioni, con un teatro comunale, densa di iniziative che procedono anche dal basso. Si può fare di più? Assolutamente sì, Covid permettendo. La cultura – secondo me – deve tornare in strada, deve andare dalle persone, compiere un movimento che sia inclusivo, non esclusivo. Nelle zone periferiche, problematiche, le iniziative culturali vengono percepite come uno ‘spreco’, come un ‘vezzo’ da intellettuali. Non è così, la cultura è bellezza, e la bellezza apre mondi. Laddove non si sogna più – a causa della realtà che si vive – un libro, un film, uno spettacolo, possono suscitare stupore. È ovvio che occorre risolvere l’ordinario, ma una volta fatto bisogna ricominciare, portare cultura in quei luoghi. E per cultura non intendo solo reading, ma anche stornelli, sport, canzoni. Ostia da questo punto di vista è avanti rispetto ad altri quartieri, ma occorre comunque allargarsi, andare incontro a tanta gente".

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