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Il pesce robot all'Acquario di Roma

print30 luglio 2012 13:13
(AGR) Questa sera, in occasione della manifestazione MareEstate in corso a Trieste, verrà presentato il progetto dell’Acquario di Roma - Expo e dei pesci robot che caratterizzeranno alcune vasche del futuro acquario della capitale. L’Acquario di Roma, attualmente in costruzione sotto il laghetto artificiale dell’Eur nel quadrante sud della città, sarà con i suoi 14 mila mq di superficie il più grande d’Italia e tra i primi tre in Europa.Il SeaLife, ovvero la parte dedicata ai pesci vivi, sarà gestita dal gruppo britannico Merlin che gestisce oltre quaranta acquari nel mondo mentre l’Expo gestirà le aree dedicate alla didattica, alla divulgazione scientifica, alla ricerca marina e ospiterà in avveniristiche vasche i pesci robot, oltre ad essere riprodotte , in modo spettacolare e innovativo,le ricerche del Cnr nei poli artici, gli studi dell’Istituto di vulcanologia che analizza le realtà sismiche e vulcaniche sottomarine, oltre ad altri progetti che riguardano la ricerca marina condotti da realtà altrettanto prestigiose.“I Pesci Robot, che tanta attenzione stanno catturando, sono un progetto di ricerca scientifica in corso ormai da anni tra gli ingegneri e ricercatori dell’Acquario di Roma e gli ingegneri e ricercatori dell’Università Campus Biomedico di Roma”, spiega Cecilia De Donno, biologa, che stasera a Trieste illustrerà il progetto romano. “Questi robot saranno praticamente uguali a quelli veri,sia nella fattezza che nei movimenti,il progetto ha come finalità la realizzazione di strutture robotiche a forma di pesce totalmente autonome ed indipendenti perl’utilizzo scientifico sia in vasca che in mare aperto”.Infatti, all’interno dell’acquario, essi verranno utilizzati per far conoscere e vedere per la prima volta, ed in maniera più ravvicinata ed approfondita, alcune specie marine, come le specie abissali o i pesci dei mari artici, che in acquario non si possono mantenere per ovvie ragioni.“Il futuro prossimo di questi pesci artificiali è però in mare aperto, per lo studio di fondali, analisi delle acque, rilevamenti in aree di crisi come zone marine contaminate da pesanti fuoriuscite di greggio, sarà possibile – spiega De Donno - entrare, al posto dei subacquei, dentro i relitti in caso di inabissamento di navi per ricognizioni che potrebbero essere troppo rischiose per l’uomo.

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