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Fiumicino 1973: la strage dimenticata e Ostia rimossa dalla storia

Quando una base terroristica diventa indicibile e la memoria si trasforma in silenzio

printDi :: 17 dicembre 2025 15:32
Fiumicino 1973: la strage dimenticata e Ostia rimossa dalla storia

(AGR) La memoria non svanisce da sola. Viene erosa, limata, selezionata. E quando una verità diventa troppo scomoda, viene semplicemente rimossa. La strage di Fiumicino del 17 dicembre 1973 è una ferita ancora aperta non solo per il numero delle vittime, ma per ciò che l’Italia ha scelto di non raccontare. Su tutto, un nome: Ostia.

Quel giorno un commando di terroristi palestinesi di Settembre Nero trasformò l’aeroporto di Roma in un teatro di guerra. Bombe al fosforo, granate, colpi d’arma automatica. Almeno 32 morti, decine di feriti, famiglie cancellate in pochi minuti. Tra loro Antonio Zara, finanziere di appena vent’anni, ucciso mentre cercava di fermare l’assalto. Il suo sacrificio oggi è quasi invisibile, come se il tempo potesse assolvere l’oblio.

 
Fiumicino 1973: la strage dimenticata e Ostia rimossa dalla storia

Fiumicino 1973: la strage dimenticata e Ostia rimossa dalla storia

Ma la strage non nacque a Fiumicino. La strage affondava le sue radici a Ostia.
Ed è qui che il racconto pubblico si interrompe.

Ostia, nei primi anni Settanta, non fu una semplice periferia romana. Fu retrovia del terrorismo internazionale, base logistica, rifugio operativo. Appartamenti sul litorale utilizzati come covi, militanti che entravano e uscivano dal Paese, armi, esplosivi, piani di attacco. Non ipotesi, non illazioni: fatti accertati, documentati da arresti e informative dei servizi.

Proprio a Ostia vennero arrestati, nei mesi precedenti, terroristi palestinesi mentre pianificavano un attentato contro un aereo israeliano. Ed è un dettaglio che pesa come un macigno: il processo a quei terroristi fu fissato per il 17 dicembre 1973, lo stesso giorno della strage di Fiumicino. Una coincidenza temporale che grida ancora oggi, ma che nessuno ha voluto ascoltare fino in fondo.

I servizi sapevano. Le informative parlavano chiaro. Un appunto del 12 ottobre 1973 chiedeva di rafforzare la vigilanza su aeroporti e porti. Ostia era segnalata come area sensibile. Eppure nulla accadde. Nessuna svolta nella sicurezza. Nessuna presa d’atto pubblica. Fiumicino restò vulnerabile, presidiato da numeri ridicoli per uno scalo intercontinentale.

Dopo la strage arrivò la parte più oscura. Terroristi arrestati a Ostia e altrove liberati, esfiltrati, accompagnati fuori dall’Italia. Condanne lievi, pene simboliche. Accordi non dichiarati, compromessi geopolitici, il prezzo pagato alla “ragion di Stato”. È lì che Ostia scompare definitivamente dal racconto nazionale. Non perché non fosse rilevante, ma perché lo era troppo.

Oggi Ostia viene ricordata per tutt’altro. Ma negli anni Settanta fu anche questo: una base terroristica tollerata, rimossa, mai davvero elaborata. E quando una base sparisce dalla memoria, spariscono anche le responsabilità.

Fiumicino 1973 non è solo una strage dimenticata. È un esempio di memoria selettiva, di storia riscritta per omissione. Ricordare Ostia significa rompere un tabù, riaprire domande, disturbare equilibri che ancora resistono.

Ma la memoria non è negoziabile.
Non lo è per Antonio Zara.
Non lo è per le decine di innocenti uccisi.
Non lo è per un Paese che, se continua a rimuovere, rischia di ripetere.

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