XLVI Congresso SIFO, focus sulle cure palliative e terapia del dolore
Eugenia Livoti (SIFO): le nuove frontiere del sollievo: la rivoluzione silenziosa delle simultaneous care. Si va verso un modello proattivo di cura ed umanità. L'identificazione dei bisogni e l'adozione di cure integrate tra ospedale e territorio sono strumenti essenziali

terapia dolore SIFO Genova convegno
(AGR) Le cure palliative e la terapia del dolore sono due aspetti “strettamente correlati, ma distinti”, dell'assistenza sanitaria. La terapia del dolore, infatti, è un impegno di tutti i servizi sanitari e socio-sanitari che viene assicurato in ospedale, in case di cura, in assistenza domiciliare, in strutture residenziali. Entrambe stanno attraversando una “profonda trasformazione paradigmatica”, allontanandosi dal tradizionale approccio reattivo e focalizzato esclusivamentesul fine vita, per abbracciare un “modello proattivo di ‘simultaneous care’”, cioè l’erogazione di cure palliative e terapie del dolore in parallelo al trattamento curativo. Questa evoluzione è dettata “non solo da imperativi etici, ma anche da robuste evidenze scientificheche ne attestano l'efficacia clinica e la sostenibilità economica”.
È stato il tema al centro della sessione dal titolo ‘Cure palliative e terapia del dolore: nuove frontiere’, che si è svolta nell’ambito del XLVI Congresso nazionale SIFO, in programma fino a domani a Genova, presso il Centro Congressi Porto Antico. Obiettivo dell’incontro, durante il quale è intervenuta, tra gli altri, Eugenia Livoti, dirigente farmacista presso Liguria Salute – Settore Politiche del Farmaco Regione Liguria e membro di SIFO, è stato quello di accompagnare lungo un viaggio nelle cure palliative e nella terapia del dolore, a partire dall’inquadramento regolatorio fino alle applicazioni più innovative.
Un elemento di discontinuità fondamentale nell'attuale visione delle CP, secondo l’esperta, è l'inclusione delle malattie croniche non oncologiche. “La letteratura scientifica ha evidenziato che il carico sintomatologico e lo stress psicologico in patologie croniche progressive, come la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), le malattie cardiache o renali, sono spesso simili o persino peggiori di quelli riscontrati nei pazienti oncologici. Ad esempio- ha evidenziato la dottoressa Livoti- i pazienti con BPCO avanzata manifestano una QoL inferiore e tassi di ansia e depressione (90%) significativamente superiori rispetto ai pazienti affetti da Carcinoma Polmonare Non a Piccole Cellule (NSCLC, 52%). Questa constatazione impone di abbandonare un processo centrato esclusivamente sulla malattia (oncologica) per adottare un approccio centrato sulla condizione e sulla qualità di vita del paziente”.
Dal punto di vista della politica sanitaria, l'OMS non si limita a un appello etico, ma stabilisce un nesso diretto tra l'umanizzazione delle cure e la sostenibilità economica. “Le risorse allocate per l'implementazione delle CP possono essere recuperate grazie ai risparmi derivanti dalla prevenzione di ricoveri ospedalieri e trattamenti inappropriati, oltre che da un processo decisionale etico e informato. L'efficacia dell'EPC- ha spiegato ancora Livoti- dimostrata in studi specifici sui pazienti fragili con bassa QoL iniziale, si traduce in miglioramenti complessivi misurabili (ad esempio, tramite questionari come FACT-G e FACIT-PAL-14)”.
Nell’ambito della terapia del dolore, sebbene le linee guida attuali per il dolore cronico non oncologico raccomandino l'uso di farmaci non oppioidi come prima linea(quali antidepressivi triciclici o SNRI, e farmaci antiepilettici come i gabapentinoidi), la gestione farmacologica è “complessa- ha evidenziato l’esperta- L'utilizzo di oppiacei deboli, benché diffuso, è spesso ostacolato da effetti collaterali e da un metabolismo estremamente variabile, dipendente dal complesso enzimatico del citocromo P450, il che comporta il rischio di interazioni farmacologiche frequenti, specialmente nei pazienti anziani in politerapia”.
La strategia terapeutica moderna si orienta verso un uso “più razionale degli oppioidi, privilegiando, quando necessario, l'utilizzo di oppiacei forti a basse dosi che, in studi recenti sul dolore da cancro moderato, hanno dimostrato maggiore efficacia e minore incidenza di effetti collaterali rispetto agli oppiacei deboli”. Tuttavia, secondo la dottoressa Livoti, la vera frontiera è rappresentata dai target molecolari non oppioidi.“L'AI e il Machine Learning (ML)sono esplorati per migliorare l'efficienza nel riconoscimento e nella valutazione del dolore, per analizzare i dati auto-riferiti dai pazienti e per sviluppare strumenti predittivi sull'andamento del dolore cronico. Il potenziale risiede nella capacità di snellire il flusso di lavoro medico e di rivoluzionare l'approccio alla medicina di precisione nella gestione del dolore”.
Nell'ambito delle cure palliative la letteratura scientifica evidenzia che gli interventi assistiti con gli animali,come la Animal-Assisted Therapy (AAT), offrono “numerosi benefici” nel contesto delle cure palliative. Questo tipo di terapia ha dimostrato di avere un “impatto positivo” su vari aspetti psicologici e fisiologici delle persone coinvolte. “Ad esempio- ha fatto sapere la dottoressa Livoti nel corso della sua relazione- può aiutare a ridurre il dolore, lo stress emotivo e i sentimenti di depressione”.
Le "nuove frontiere" nelle Cure Palliative e nella Terapia del Dolore delineano un futuro in cui la gestione della sofferenza “non è più un atto reattivo, ma un percorso proattivo, integrato e di precisione”. La letteratura scientifica offre esempi “verificabili e convincenti di questa evoluzione- ha sottolineato l’esperta- dalla dimostrata efficacia clinica ed economica dell'Early Palliative Care, estesa ora anche alle patologie croniche non oncologiche, allo sviluppo di farmaci biologici mirati che promettono un'analgesia priva di effetti oppioidi”. L'innovazione tecnologica, con l'efficacia misurabile della Realtà Virtuale nel ridurre il dolore oncologicoe la conoscenza dell'importanza cruciale del timing negli interventi di neuromodulazione (“tasso di successo 75% se precoce”), impone dunque una “revisione immediata dei percorsi assistenziali”.
Il successo di questa rivoluzione, ha aggiunto infine Livoti, dipende dalla capacità del Sistema Sanitario Nazionale di “allineare gli obiettivi normativi (standard strutturali del DM 77/2022) con la pratica clinica basata sulla stratificazione del rischio. L'identificazione proattiva dei bisogni e l'adozione di cure integrate tra ospedale e territorio sono gli strumenti essenziali per superare le barriere culturali e logistiche (come la stigmatizzazione dei pazienti) che ostacolano la continuità assistenziale”. In definitiva, le nuove frontiere rappresentano la convergenza tra tecnologia avanzata, scoperta molecolare e rinnovamento organizzativo. “La chiave per realizzare un'assistenza equa e di qualità risiede nell'investimento continuo nella ricerca, nella rigorosa gestione delle sfide etiche della sanità digitale (GDPR e Bias Algoritmico) e, soprattutto, nella formazione specialistica del personale sanitario, per garantire che ogni cittadino possa esercitare il diritto fondamentale a non soffrire”, ha concluso l’esperta.
















