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Maleficent o della reazione agli eventi

Il film ci mostra che è possibile una visione diversa della storia, che la dicotomia bene-male non è poi così assoluta, che è immaginabile un’altra versione del racconto.

printDi :: 19 marzo 2023 08:16
Maleficent o della reazione agli eventi

(AGR) Di recente ho avuto l’occasione di vedere Maleficent, film Disney di qualche anno fa, un’interessante rivisitazione del classico “La bella addormentata nel bosco”. Il film mi ha spinto a ripensare ad alcuni temi psicologici che avevo piacere di condividere. La storia è raccontata dal punto di vista della strega, la “malvagia” per definizione, quella che, nel nostro immaginario, vuole fare del male e rappresenta il nemico, la nemesi. Interessante il ribaltamento dei ruoli, la storia dall’altro punto di vista. Il film ci mostra che è possibile una visione diversa della storia, che la dicotomia bene-male non è poi così assoluta, che è immaginabile un’altra versione del racconto.

In una società in cui il relativismo sembra dilagare nei mezzi di comunicazione, anche i classici subiscono una rilettura. Per intenderci quando ci riferiamo al “relativismo” pensiamo da una parte a quella corrente filosofica che ha visto in Karl Popper il suo esponente più conosciuto, ma soprattutto a quell’atteggiamento di pensiero per cui la conoscenza è incapace di arrivare alla verità assoluta. Secondo questo atteggiamento non si può raggiungere, addirittura non esiste, una verità assoluta; tutto è relativo e opinabile.

 
Compie azioni malvagie la strega: lei nasce come fatina buona, sorridente e cordiale, ma poi, per una delusione e una violenza subita, diventa cupa, vendicativa e brutale. Compie azioni malvagie il re, padre di Aurora: da giovane benevolo si trasforma in carnefice per bramosia di potere. Compiono azioni malvage i sottoposti delle due fazioni: nell’esecuzione di ordini dei rispettivi capi, si scontrano gli eserciti, uccidendosi l’un l’altro. Come in un moderno “buon selvaggio”, di ispirazione Romantica, il Male corrompe e si insinua e non è una caratteristica intrinseca delle persone.

Vorrei, però, lasciare questa diatriba sull’origine del Male e, invece, ragionare sulle spinte motivazionali. La strega arriva al suo atto di estrema malvagità, nel caso specifico il sortilegio su Aurora, spinta dal desiderio di vendetta. Vuole vendicarsi di chi le ha fatto del male, chi l’ha ferita nell’anima e nel corpo, chi l’ha abbandonata e tradita. Combatte contro i soldati nemici perché il suo Regno è attaccato, lì uccide perché sono loro a cercare di attaccarla. Odia il mondo perché il mondo è stato crudele con lei. Si redime, in seguito, grazie ad Aurora che, con la sua solarità, candore e gentilezza (di Dantesca memoria), la fa ricredere. Generalizzando rappresenta uno stile di comportamento reattivo. Se potessimo chiederle il perché delle sue azioni, probabilmente emergerebbe quello che in Psicologia chiamiamo un locus of control esterno.

Le persone con un locus of control esterno sono quelle che tendono ad attribuire le ragioni del loro comportamento su fattori esterni a sé. Il pensiero reattivo, in Psicologia, è quello che tende a focalizzarsi sulla reazione alle azioni altrui. È giocare in difesa, focalizzandosi sul comportamento altrui per organizzare il proprio. Il re, invece, compie il suo tradimento verso la strega perché vuole il potere, attende l’avverarsi dell’incantesimo preparando le armi, attacca il regno fatato per prevenire l’arrivo della strega. Generalizzando potremmo dire che rappresenta uno stile di pensiero proattivo.

Nel nostro quotidiano… Coloro che si caratterizzano per uno stile reattivo sono più resistenti al cambiamento, hanno bisogno che qualcosa intorno a loro li stimoli perché possano generare una reazione e sono restii a pianificare azioni future, soprattutto in assenza di stimoli e sollecitazioni esterni. Le persone proattive, di contro, agiscono su stimolo autonomo; predispongono i piani di azione focalizzandosi sul loro campo di azione. Si assumono, più facilmente, la responsabilità dell’operato e delle scelte e, spesso, generano il cambiamento. Le aziende molto spesso cercano figure di questo genere per ruoli di responsabilità e dove vogliono inserire risorse che si muovano in autonomia o che “smuovano le acque”.

Nei confronti degli eventi, soprattutto quelli negativi, i “reattivi” tendono a difendersi e a curarsi le ferite e a non esporsi. Coloro che definiamo proattivi, di contro, cercano la via per raggiungere i loro obiettivi, vedono negli eventi un’opportunità per soddisfare le loro esigenze o i loro desideri e ricercano il cambiamento.

Ma alla fine, Maleficent docet, non sono sempre i proattivi a vincere. 

Autore Andrea Pompili, puoi commentare qui 

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